Guatemala

27 e 28 Marzo 2009
guatemala

Dopo un quarto d'ora di navigazione, eccoci finalmente in Guatemala. Sbarco direttamente su una spiaggia del fiume in presenza di tanti bambini che chiedevano qualche monetina o caramella (è la prima volta che abbiamo visto questa scena). Abbiamo conosciuto la nostra guida guatemalteca Carlos e l'autista del nostro nuovo pulmino, Otto. La valuta guatemalteca si chiama quetzal e là abbiamo fatto il primo cambio (per 1 euro ci davano 8 quetzal). Ci siamo fermati brevemente nell'ufficio doganale per pagare la tassa per entrare nel paese (10 dollari a persona, se la mia memoria non mi ha tradito) e abbiamo ripreso il viaggo verso la nostra destinazione successiva, la città di Flores, dove dovevamo passare la notte. Carlos ci ha detto subito che si parte con la strada dei canguri (la strada inizialmente era sterrata per circa 60 km)) e si arrivava con la strada delle cavallette (alla fine del viaggio, la strada davanti all'albergo era in ristrutturazione, piena di buchi), sempre saltellando. Questo saltellare non ci ha entusiasmato molto, vista la stanchezza che ci siamo portati dietro.

Dal nostro mezzo di trasporto lungo la strada potevamo ammirare dei paesaggi ed il tramonto. Ci siamo fermati anche in un posto per guardare le scimmie urlatrici. Una volta provocate con le grida di Carlos, si sono scatenate e non finivano più. Numerose sono le fattorie, piantagioni di papaya e allevamenti di bestiame in quanto l'attività principale in tutto il Guatemala è l'agricultura. In questa zona settentrionale del Guatemala ci sono 2000 siti archeologici dei Maya individuati da NASA via satellite, di cui circa 200 possono essere visitati.

piantagioni di papaia

La popolazione di Peten, la regione di Guatemala che abbiamo visitato, è meticcia e la maggior parte di essa è emigrata dagli altri dipartimenti in cerca della terra. Dal 1970 al 1980 il governo dava la terra gratis nella regione di Peten, fortemente sottosviluppata. Le terra era coperta da giungla e in quel periodo si disboscava bruciando la foresta, per fertilizzare la terra, per avere il terreno agricolo e questa tecnica si utilizza anche oggi. La terra è povera e poco profonda, perciò non si può arare. Per seminare usano un palo con la punta facendo un foro nella terra dove mettono insieme chicco di mais, di fagiolo e di peperoncino, i tre principali alimenti di questa zona.

Si è fatta anche un'altra sosta idraulica che abbiamo sfruttato anche per provare la famosa birra guatemalteca, almeno secondo Carlos, che si chiama Gallo (fanno una confezione anche di un litro). A me personalmente non è piaciuta più di tanto, ma mi è piaciuta la battuta locale. Quando si beve si dice: una non fa nessuna, due fa metà e tre fa una. Per diventare il gallo, ci vogliono cinque turni e visto che ogni turno è composto da tre birre, come detto prima, vuol dire che si fanno 15 birre (per 1/3 di litro arriviamo a 5 litri). Abbiamo preferito crederci, senza provare.

Ed ecco come la nostra guida descriveva scherzosamente la vita dei turisti: la vita del turista è dura nel senso fisico, ma mentalmente si riposa. Sveglia presto, camminare molto, mangiare poco e tardi.


Ospite di SpaziOso